Henry Appleton

Anarchia, vera e falsa

(1884)

 



Nota

L'autore esprime la convinzione e l’aspirazione fondamentale degli anarchici, che è quella di essere lasciati liberi di organizzare la propria vita e le proprie relazioni sociali attraverso scelte volontarie, invece di essere massificati e irreggimentati, come è purtroppo il caso, ancora oggi, in quanto sudditi dello stato territoriale centrale.

Fonte: Henry Appleton, Anarchism, True and False, Liberty, n°50, 6 settembre 1884.

 


 

Sembra che non sia stata scritta ancora la parola fine per quanto riguarda l’esistenza di persone strane, che non concepiscono altro modo di cambiare radicalmente il sistema se non abbattendo, lacerando, riducendo a pezzi o annientando qualcosa, sulla scia di una qualche terribile moda. Queste persone sosterranno che l’Anarchico è un puro distruttore - che il suo obiettivo è quello di radere a zero tutte le istituzioni esistenti. Costoro vedono il sangue nei suoi occhi e la dinamite nella sua saccoccia, e chiedono tristemente: “Dunque, che cosa proponete, voi anarchici, in sostituzione delle attuali istituzioni, dopo che le avrete distrutte tutte?”

La filosofia dell’Anarchia non ha proprio nulla a che vedere con la violenza, e la sua idea centrale è agli antipodi del livellamento di massa. Anzi, è proprio contro la massificazione livellatrice operata dalle istituzioni repubblicane che l’Anarchia leva la sua protesta. Essa si oppone infatti, in maniera radicale, al suffragio universale, lo strumento più dannoso di livellamento nelle mani della repubblica. L’obiezione principale agli stati esistenti è che essi sono tutti notevolmente comunisti, e il comunismo si basa su un tentativo del tutto artificioso di abbassare tutti allo stesso livello, in contrasto con uno sviluppo sociale frutto di una sovranità individuale non ostacolata. Se uno esamina attentamente gli elementi che compongono il governo degli Stati Uniti, si rende conto che esso non è altro che una forma attenuata di Socialismo di Stato. Il vero anarchico esprime la sua condanna proprio su questo punto. L’anarchico si oppone a qualsiasi apparato e a qualsiasi metodo di livellamento artificioso. Quanto ridicola è dunque l’ignoranza di coloro che lo accusano di voler livellare ogni cosa, quando la concezione integrale dell’Anarchia denuncia proprio questa massificazione livellatrice!

È una sfortuna, per la genuinità del vero pensiero anarchico, che esista una classe di esagitati vociferi che si definiscono anarchici, ma non lo sono, i quali, nei fatti, non hanno mai ripudiato l’idea centrale su cui si basa attualmente lo stato. Come rappresentanti di questo tipo possiamo citare Burnette G. Haskell [1] del giornale di San Francisco “Truth” e Johann Most [2] di “Freiheit.” La classe rappresentata dagli Haskell è quella dei Socialisti di Stato i quali, mentre gridano “rivoluzione” ed esigono il rovesciamento delle istituzioni esistenti, non hanno null’altro da proporre nel loro armamentario che un ampliamento del principio centrale distruttore che genera tutto ciò che è reprensibile nell’ordine esistente. Queste persone vogliono più governo, più centralizzazione, più subordinazione delle faccende dell’individuo all’apparato centrale - in poche parole, in ultima istanza, più interventi politici. Essi non sono anarchici secondo quella concezione che poggia sull’individuo. Essi si appropriano di un vestito che non è il loro.

Il signor Most occupa la posizione ancora più ridicola di un Comunista di Stato, se un simile termine ha un qualche senso. Il comunismo è davvero il livellamento, e perciò l’Anarchia si oppone ad esso profondamente e radicalmente. Essendo il comunismo impossibile, come fatto spontaneo e naturale, la sua propaganda e proposta di realizzazione non può poggiare altro che sulla violenza. Il signor Most accetta con baldanza questa situazione. Quindi egli vorrebbe distruggere e confiscare la proprietà con tutti i metodi possibili, senza risparmiare il fuoco, la dinamite o qualsiasi altro terribile strumento. Egli ammazzerebbe le persone ricche a decine, e caccerebbe via dalla terra tutti coloro che contrastano i suoi disegni. All’indomani di una rivoluzione riuscita, egli riunirebbe tutti gli affari degli esseri umani in una Comune ed uniformerebbe al massimo le condizioni di esistenza di tutti. Nonostante ciò, il signor Most si definisce anarchico. Io non vorrei in alcun modo privarlo della soddisfazione che ricava dall’attribuirsi quella qualifica, se non fosse per la fondata ragione che egli non è affatto un anarchico. Colui che ha scritto “Die Eigenthumsbestie” [La bestia della proprietà] dichiara come suoi proprio quei metodi di organizzazione contro i quali si leva la voce e l’azione degli anarchici. Il comunismo tutto, sotto qualsiasi forma si presenti, è il nemico naturale dell’Anarchia e un comunista che si presenti sotto la bandiera dell’Anarchia è un falso come mai se ne potrebbe inventare uno.

L’anarchico non vuole distruggere tutte le istituzioni esistenti con un botto e poi avviare il processo di sostituzione sulle rovine del passato. Egli chiede semplicemente di essere lasciato in santa pace, rimpiazzando, già nel presente, falsi sistemi organizzativi, di modo che poi essi possano gradualmente essere eliminati, pezzo per pezzo, a causa della loro stessa vetustà e inutilità. Egli chiede che gli sia concessa l’umile possibilità di dar vita ad una libera banca che sia in pacifica concorrenza con la banca della classe possidente finanziata dallo stato e situata all’angolo opposto della strada. Egli chiede di avere il diritto di aprire un ufficio postale in leale concorrenza con il servizio istituito dal governo. Egli chiede di essere lasciato tranquillo nel conseguire un titolo di proprietà su un pezzo di suolo attraverso una libera occupazione, coltivazione e uso, piuttosto che attraverso un titolo subordinato a oscuri interessi, volti a mantenere le masse prive di terra coltivabile. Egli chiede che gli sia consentito di far sì che i suoi rapporti familiari possano sorgere sulla base del libero amore in pacifica concorrenza con l’amore sancito dall’ordine ecclesiastico, che è spesso un crimine contro natura e il distruttore stesso dell’amore, dell’ordine e dell’armonia. Egli chiede di non essere tassato su ciò che gli è già stato sottratto da un apparato di potere in cui non ha praticamente né voce né scelta. In breve, l’anarchico chiede la fine dei vincoli sulla terra, sulla moneta, sul commercio, sull’amore, e il diritto di competere liberamente con il sistema esistente, a suo rischio e pericolo. In sostanza chiede semplicemente la libertà.

Vi è in tutto ciò un qualche accenno di violenza? Vi è un livellamento artificioso? E infine, vi è una qualche voglia di rimpiazzare al più presto con qualcosa quello che noi condanniamo? No. Tutto quello che chiediamo è il diritto di vivere in pace. La libertà di entrare in onesta competizione con il privilegio. I governi esistenti mirano alla negazione di tutto ciò. Da qui sorge il contrasto che sfocia in una lotta. Chi è la parte che aggredisce e usa la violenza? È forse l’anarchico che chiede semplicemente di essere lasciato solo a occuparsi delle sue faccende, o è il potere che, conscio di non poter sopravvivere sulle proprie gambe, si perpetua utilizzando la violenza, schiacciando tutti i tentativi volti a mettere alla prova, attraverso una pacifica concorrenza, la sua efficienza e le sue pretese?

 


Note

[1] Burnette G. Haskell (1857-1907) era un avvocato, un agitatore sociale e l’editore del giornale Truth. Le sue varie convinzioni lo portarono infine ad abbracciare il movimento nazionalista che propugnava la proprietà e gestione statale degli strumenti produttivi per il bene della nazione.

[2] Johann Most (1846-1906) era l’editore del giornale Freiheit (Libertà) e un sostenitore acceso della "propaganda coi fatti" alludendo, con questa espressione, ad azioni violente contro i governanti e i proprietari.

 

 


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