Jeffrey Tucker

Contro il brutalismo libertario

(2014)

 



Note

Questo articolo di Jeffrey Tucker presenta un problema che potrebbe affliggere e alla fine distruggere il movimento libertario negli anni a venire. Il contrasto tra umanitari e brutalisti richiama alla mente le contrapposizioni presenti all'interno del movimento anarchico tra una componente generosa, tollerante e non violenta, e un'altra che intendeva l'anarchismo come l'affermazione dell'individuo con qualsiasi mezzo, distruzione e violenza inclusi, e che in molti casi personali confluirà nel fascismo.
Infatti, coloro che pensano che la libertà sia il bene supremo e unico, e non il mezzo più appropriato per conseguire il bene personale, potrebbero porla su un piedistallo, come una Dea a cui sacrificare vite umane e l'umana decenza

 


 

Perché dovremmo preferire la libertà personale rispetto ad un ordine sociale dominato dal potere?
Fornendo la risposta a questa domanda sono arrivato all’idea che i libertari possono essere divisi, generalmente, in due campi: gli umanitari e i brutalisti.

Gli umanitari sono portati a ragionare in questo modo. La libertà permette una cooperazione pacifica tra gli esseri umani. Essa ispira l’essere al servizio degli altri in maniera creativa. Tiene a bada la violenza. Permette la formazione del capitale e la prosperità. Protegge i diritti degli individui contro ogni attacco. Favorisce la nascita di ogni sorta di associazione di persone sulla base di accordi volontari. Unisce le persone in gruppi sociali ricompensandole per la convivenza pacifica al posto di una conflittualità devastante. Conduce ad un mondo nel quale le persone sono valutate come fini in sé piuttosto che come mezzi per il funzionamento di un piano elaborato dal centro.

Noi abbiamo appreso tutto ciò dalla storia e dall’esperienza personale. Queste sono tutte ragioni importanti che ci fanno amare la libertà.

Ma esse non sono le sole che portano la gente a sostenere la libertà. C’è una parte della popolazione composta da persone che si dicono libertarie - e che qui definisco brutalisti - le quali trovano quanto sopra elencato piuttosto noioso, vago e buonista fino alla nausea. Per loro, quello che è rimarchevole riguardo alla libertà è il fatto che permette ai singoli di affermare le loro preferenze individuali, di formare le loro tribù composte da persone simili, di attuare le loro idiosincrasie, di discriminare la gente sulla base di criteri « politicamente incorretti », di odiare altri nel più profondo del loro cuore purché non si usi la violenza, di zittire le persone sulla base di parametri demografici o di opinioni politiche, di essere apertamente razzisti e sessisti, di escludere ed isolare e di essere generalmente scontenti della modernità e di rigettare gli standard fatti di valori e comportamenti civili a vantaggio di pratiche antisociali.

Questi due atteggiamenti (umanitario e brutalista) sono radicalmente diversi. Il primo valuta positivamente la pace sociale che emerge dalla libertà, mentre il secondo ritiene che il valore della libertà consista nel poter rigettare la cooperazione a favore di un pregiudizio viscerale. Il primo vuole ridurre il ruolo che occupa nel mondo il potere e il privilegio, mentre il secondo vuole la libertà di asserire potere e privilegio all’interno dei confini precisi dei diritti di proprietà e della libertà di dissociazione.

Certamente la libertà permette l’esistenza di entrambe le prospettive, quella umanitaria e quella brutalista, per quanto strano ciò possa apparire. La libertà è qualcosa di grande ed esteso e non afferma alcun fine sociale particolare come l’unica e sola strada permissibile. All’interno della libertà, trova posto anche la libertà di amare e quella di odiare. Al tempo stesso, essi costituiscono due modi radicalmente diversi di porsi rispetto al mondo - uno liberale nel senso classico del termine e uno illiberale in tutti i sensi - ed è quindi opportuno che ognuno, in quanto libertario, esamini ciò prima di trovarsi alleato con persone che non hanno afferrato bene il nucleo dell’idea liberale.

Noi sappiamo cos’è l’umanitarismo. Esso cerca il benessere del singolo e lo sviluppo fiorente della società in tutta la sua complessità. Il libertarismo umanitario individua gli strumenti migliori per raggiungere questi fini sotto forma di un sistema sociale che si auto-organizza, libero da controlli esterni realizzati attraverso la violenza dello stato. L’obiettivo è essenzialmente positivo, e i mezzi per realizzarlo privilegiano la pace sociale, la libera associazione, il reciproco benefico scambio, lo sviluppo organico delle istituzioni, e la bellezza intrinseca della vita.

E il brutalismo, che cos’è? Il termine è soprattutto associato con uno stile architettonico esistente dagli anni ’50 agli anni ’70, che enfatizzava grandi strutture in cemento, senza preoccuparsi più di tanto dello stile e dell’eleganza. La rozzezza era la sua caratteristica principale e la sua principale fonte di orgoglio. Il brutalismo celebrava la mancanza di pretese architettoniche e la grezza funzionalità dell’edificio. La costruzione doveva essere forte non bella, aggressiva non leziosa, imponente non delicata.

Il brutalismo in architettura era una posa, derivata da una teoria estratta da un contesto. Era uno stile adottato con una precisione consapevole. Voleva forzarci a guardare realtà prive di ornamenti, un apparato spoglio di distrazioni, al fine di affermare un aspetto didattico che non era solo estetico ma anche etico: il rigetto, per principio, della bellezza. Rendere le cose belle significa scendere a compromessi, distrarre la persona, e rovinare la purezza della causa. Per cui il brutalismo rigettava il bisogno di una seduzione commerciale e non considerava affatto esigenze di presentazione e di marketing. Questi aspetti, agli occhi di un brutalista, non ci permettevano di osservare la radice delle cose.

Il brutalismo asseriva che un edificio non deve essere né più né meno di quello che deve essere per assolvere la sua funzione. Affermava il diritto di essere brutto e sgraziato e soprattutto per questo motivo lo stile ha incontrato il favore di parecchi governi in varie parti del mondo. Ed è anche la ragione per cui le forme brutaliste sono ora , in tutto il mondo, considerate del tutto sgradevoli, come un pugno nell’occhio.

Noi le osserviamo e ci domandiamo da dove sono venute queste mostruosità, e siamo stupiti nello scoprire che esse sono nate da una teoria che, per principio, rigettava la bellezza, la forma e l’ornamento. Gli architetti immaginavano che essi ci stavano mostrando qualcosa che altrimenti noi saremmo stati riluttanti a guardare. Tuttavia, è possibile apprezzare i risultati del brutalismo solo se una persona è già pienamente convinta della bontà della teoria e ci crede totalmente. Altrimenti, in mancanza di una ideologia estremista e fondamentalista, l’edificio costruito secondo quei canoni ci appare terrificante e minaccioso.

Per analogia, che cos’è il brutalismo come ideologia? Esso riduce la teoria alle sue parti più crude e fondamentali e pone in primo piano queste componenti. Esso mette alla prova i limiti estremi dell’idea buttando via tutti gli aspetti che hanno a che fare con la finezza, la raffinatezza, la grazia, il decoro, le preziosità. Si disinteressa totalmente dell’aspetto più ampio della nobiltà e bellezza dei risultati. È interessato soltanto alla pura funzionalità delle parti. Sfida chiunque si ponga il problema di come sia presentata e sentita la concezione nel suo complesso; urla contro coloro che si preoccupano di ciò accusandoli di non essere sufficientemente devoti all’aspetto centrale della teoria, che va asserita senza alcun riguardo al contesto o alla bellezza.

Non tutte le argomentazioni a favore di principi grezzi e analisi essenziali sono intrinsicamente brutaliste. L’essenza del brutalismo è che dobbiamo eliminare l’aspetto ornamentale per andare alla radice delle cose. Per questo abbiamo talvolta bisogno di affrontare difficili verità, e dobbiamo essere scioccati e qualche volta anche scioccare mettendo in luce le implicazioni apparentemente non scontate o addirittura sgradevoli di una idea. Ma il brutalismo va ancora più oltre. Esso sostiene l’idea che la discussione debba fermarsi a ciò e che andare più oltre elaborando, qualificando, migliorando, attenuando, ammettendo dubbi o visioni più ampie rispetto ad affermazioni grintose e perentorie, equivalga a svendere o inquinare la purezza dell’ideologia. Il brutalismo è continuamente e imperturbabilmente convinto del suo rifiuto di andare oltre i più primitivi postulati.

Il brutalismo può apparire sotto varie parvenze ideologiche. Il Bolscevismo e il Nazismo sono entrambi esempi lampanti. La classe e la razza diventano i soli parametri che guidano la politica, escludendo qualsiasi altra considerazione. Nella democrazia moderna, la politica basata sui partiti tende al brutalismo nella misura in cui asserisce il controllo del partito come l’unica cosa che conti. Il fondamentalismo religioso ne rappresenta un’altra chiara manifestazione.

Nel mondo libertario, ad ogni modo, il brutalismo è radicato nella teoria pura dei diritti degli individui a vivere i loro valori a qualsiasi costo. Il nucleo centrale dell’idea dei diritti individuali esiste ed è indiscutibile, ma l’applicazione è fatta in maniera grezza, solo per spingere quel punto fino all’estremo. Quindi i brutalisti affermano il diritto di essere razzisti, misogini, di odiare gli Ebrei o gli stranieri, di ignorare gli standard del comportamento civile nelle obbligazioni sociali, il diritto di essere incivili, rudi e grezzi. Tutto ciò è permissibile e perfino meritorio perché abbracciare quello che è sgradevole può costituire una specie di prova. Dopo tutto, che cos’è la libertà se non il diritto di essere uno zoticone.

Questo tipo di argomentazioni mettono il libertario umanitario in una condizione di disagio in quanto, pur essendo esse vere nel senso stretto del termine, trascurano completamente l’aspetto più importante della libertà che non è di dividere ancor più il mondo e renderlo in tal modo un posto miserevole in cui viverci ma quello di permettere all’essere umano di fiorire in pace e prosperità. Così come vogliamo che le costruzioni architettoniche siano attraenti alla vista e riflettano le aspirazioni e la raffinatezza degli ideali umani, così una teoria dell’ordine sociale dovrebbe fornire le condizioni per una esistenza ben vissuta e per lo sviluppo di comunità e di associazioni che permettano ai suoi membri la loro piena realizzazione.

I brutalisti hanno ragione, da un punto di vista strettamente teorico, che la libertà include anche il diritto di comportarsi da totale balordo e quello di odiare, ma questi atteggiamenti non sono il portato della lunga storia della concezione liberale. Per quanto riguarda la razza e il sesso, ad esempio, la liberazione delle donne e delle minoranze dall’arbitrio del potere è stato un risultato notevole di questa tradizione. Proseguire questa tradizione asserendo il diritto di tornare indietro nel tempo per quanto riguarda l’ambito privato e commerciale dà l’impressione di una ideologia che è sganciata dalla sua storia, come se le vittorie del passato per la dignità umana non avessero nulla a che vedere con i bisogni e gli ideali attuali.

Il brutalismo è qualcosa di più di una versione spoglia, antimoderna e monca del libertarismo originario. È anche uno stile di argomentare e un approccio al confronto retorico. Come nel caso dell’architettura, rigetta la presentazione, l’etica del commercio, e l’idea di « vendere » una visione del mondo. La libertà deve essere accettata o rigettata solo sulla base della sua forma ridotta all’osso. Quindi i suoi sostenitori fanno presto ad andare all’attacco, denunciare, dichiarare vittoria. Dappertutto vedono compromessi. Smascherarli è la cosa che li appassiona di più. Essi non hanno pazienza per le sottigliezze di una esposizione delle tesi e tanto meno per le differenti sfumature di circostanze che esistono nel tempo e nello spazio. Vedono solo la grezza verità e si abbarbicano ad essa come la sola ed unica verità, escludendo tutte le altre.

Il brutalismo rigetta gli aspetti indefinibili e non ammette alcuna eccezione alla sua teoria universale. La teoria va applicata senza tenere in alcun conto il tempo, il luogo, la cultura. Non c’è posto per modifiche o tantomeno per la scoperta di nuove informazioni che potrebbero modificare la maniera in cui la teoria è messa in atto. Il brutalismo è un sistema chiuso di pensiero nel quale tutta l’informazione rilevante è già nota, e il modo in cui si applica la teoria è considerato come parte dell’apparato teoretico. Anche aree problematiche come il diritto di famiglia, i risarcimenti per un atto criminoso, la proprietà intellettuale, i problemi di sconfinamento, e altri temi, soggetti ad una analisi giuridica caso per caso, diventano parte di un apparato a priori che non ammette né eccezioni né correzioni.

E poiché il brutalismo è una tendenza marginale nel mondo libertario - i giovani non sono più interessati all’approccio complessivo - i suoi sostenitori si comportano come ci aspetteremmo da gruppi del tutto periferici. Asserire la legittimità e persino il merito di un comportamento razzista e carico di odio fa sì che il brutalismo sia escluso dalle conversazioni importanti e attuali riguardo alla vita sociale. Le sole persone che prestano attenzione alle argomentazioni dei brutalisti, che sono volutamente sgradevoli, sono altri libertari. Per questo motivo, il brutalismo è spinto ancor più verso il settarismo estremo. Attaccare gli umanitari perché cercano di rendere il messaggio attraente diventa una occupazione a tempo pieno.

Comportandosi in maniera così settaria, i brutalisti naturalmente affermano di essere i soli portatori del credo della libertà perché solo loro hanno il fegato e la sfrontatezza necessari per portare la logica libertaria ai suoi limiti ultimi e accettarne le conseguenze. Ma qui non si tratta di coraggio o di rigore intellettuale. L’idea del libertarismo è qui riduttiva, monca, incolore e non temperata dal dispiegarsi dell’esperienza umana. Così ci si dimentica del più ampio contesto storico e sociale in cui la libertà vive.

Immaginiamo di avere una città che è sotto il dominio di una setta fondamentalista che esclude tutte le persone non affiliate alla setta, costringe le donne ad indossare il burka, impone un codice teocratico, e condanna omosessuali e lesbiche. Si potrebbe sostenere che ognuno si trova là di sua spontanea volontà. Ma anche così, non si può dire che il liberalismo sia presente in una tale organizzazione sociale. I brutalisti sarebbero in prima fila nella difesa di questa tirannia territorialmente limitata sulla base del fatto che vi è decentralizzazione del potere, esistono diritti di proprietà e la licenza di discriminare ed escludere. Ma in tal modo essi ignorano totalmente il quadro complessivo e cioè il fatto che, dopo tutto, l’aspirazione essenziale delle persone, cioè quella di vivere una esistenza piena e libera, è soppressa e negata giorno dopo giorno.

Inoltre, il brutalista crede di conoscere già gli esiti della libertà umana, e questi sono conformi alla tendenza a sostenere il trono e l’altare come in passato. Dopo tutto, secondo loro, la libertà significa dare libero sfogo agli impulsi primordiali della natura umana che essi ritengono essere stati soppressi dallo stato moderno. E questi impulsi sono: il desiderio di praticare l’omogeneità razziale e religiosa, la superiorità morale del patriarcato, il rigetto dell’omosessualità, e così via. Quello che molte persone vedono come progresso moderno contro i pregiudizi, i brutalisti ritengono essere eccezioni imposte che sono contrarie alla lunga storia dell’umanità fatta di istinti tribali e religiosi.

Certamente il tribalista come io l’ho descritto è un tipo ideale, che non si identifica probabilmente in nessun essere pensante esistente nella realtà. Ma gli impulsi brutalisti sono presenti dappertutto, soprattutto sui social media. Si tratta di una tendenza di pensiero con posizioni e pregiudizi prevedibili. Essa rappresenta la fonte principale, all’interno del mondo libertario, delle tendenze razziste, sessiste, omofobiche e anti-semitiche. I libertari brutalisti, mentre negano la verità di questa mia affermazione, sostengono al tempo stesso appassionatamente il diritto degli individui di pensare e agire sulla base di queste vedute. Dopotutto, dicono i brutalisti, che cos’è la libertà umana senza il diritto di comportarsi in certi modi che mettono a dura prova le nostre preziose sensibilità e la stessa civiltà.

Tutto il discorso fin qui fatto si riduce alla motivazione fondamentale dietro al sostegno alla stessa libertà. Quale è il suo scopo complessivo? Quale è il suo contributo storico principale? Quale è il suo futuro? Rispetto a questi interrogativi, le risposte degli umanitari e dei brutalisti sono del tutto divergenti.

In realtà, noi non dovremmo mai trascurare il nucleo centrale, non dovremmo mai sottrarci alle implicazioni problematiche della pura teoria della libertà. Al tempo stesso, la storia della libertà e il suo futuro non riguardano solo l’affermazione grezza di diritti ma anche la grazia, l’estetica, la bellezza, la complessità, il servizio agli altri, la comunità, l’emergenza graduale di norme culturali, e lo sviluppo spontaneo di ordinamenti a vasto raggio nell’ambito degli scambi e delle relazioni tra le persone. La libertà è ciò che anima l’immaginazione umana e permette l’espressione dell’amore che deriva dai nostri desideri più umani e più elevati.

Una ideologia derubata dei suoi ornamenti, invece, può diventare una mostruosità, proprio come i grandi blocchi costruiti alcuni decenni fa che deturpano il paesaggio urbano, sono di disturbo a tutti, e attendono solo di essere demoliti.

Il libertarismo sarà brutalista o umanitario? Spetta a ciascuno fare la sua scelta.

 


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