Nota
Questa è la parte iniziale e finale di un articolo in cui l'autore (a) opera la distinzione tra individualismo libertario e individualismo autoritario, di modo che non vi siano ambiguità associate all'uso del termine; (b) smaschera la contrapposizione fasulla tra interesse individuale e interesse generale, dal momento che quest'ultimo, correttamente inteso, non è altro che il soddisfacimento degli interessi di ogni individuo, nella maniera più completa e ampia possibile.
Fonte: Manuel Devaldès, Réflexions sur l'individualisme, Le Libertaire, 1910.
Individualismo libertario e individualismo autoritario
Ci sono poche parole che sono più variamente interpretate del termine « individualismo ». Ne consegue che ci sono poche idee peggio definite di quelle che fanno riferimento a questo vocabolo. L’opinione più diffusa, che i testi comunemente utilizzati per l’insegnamento si incaricano di confermare, è che l’individualismo consiste in un « sistema di isolamento dell’essere umano nelle sue attività e sforzi, sistema opposto all’associazione ».
Bisogna riconoscere che questa è la concezione volgare dell’individualismo. Essa è falsa e, per di più, assurda. Certo, l’individualista è l’essere umano « solo » e non lo si può concepire altrimenti. L’essere umano più forte, è l’essere più solo, ha affermato Ibsen. In altre parole, l’individualista, l’individuo maggiormente cosciente della sua unicità, colui che ha saputo realizzare al meglio la sua autonomia, è l’essere più forte. Ma può essere « solo » nel bel mezzo della folla, in seno alla società, al gruppo, all’associazione, ecc. perché è « solo » dal punto di vista morale, e qui il termine è ben sinonimo di unico e di autonomo. L’individualista è in tal modo una unità, invece di essere, come il non-individualista, un frammento dell’unità.
Ma la grossolanità di coloro che non ne hanno afferrato il senso ha fatto sì che essi non siano riusciti a vedere il significato particolare di questa solitudine, ciò che ha di specificatamente relativo alla coscienza dell’individuo, al modo di pensare dell’essere umano. Il senso è stato ribaltato e, per l’abitudine al dogmatismo e all’assolutismo, alcuni hanno attribuito la solitudine ai comportamenti economici dell’individuo in ambito sociale, facendone un asociale, un eremita - e da qui sorgono le menzogne e le assurdità della definizione sopra riportata. Che si usi la parola « solo » come fa Ibsen o « unico » come fa Stirner, per caratterizzare l’individualista, gli ignoranti prenderanno la lettera e non lo spirito di tali termini.
La loro incapacità di interpretare correttamente la parola ha generato l’errore, che è interesse di alcuni far sorgere, mettendo da parte la verità.
Se questa concezione volgare dell’individualismo è falsa, non è perché le persone che, attualmente, si dicono individualiste vivono anch'esse come gli altri in società. Al giorno d’oggi, le società impongono all’individuo un tipo determinato di associazione: il singolo subisce questa associazione, e lì si ferma la sua partecipazione, che non è affatto volontaria. Dal che si può dedurre che l’individualismo non è, di conseguenza, l’opposto dell’associazione, se si tiene poi conto che un buon numero di anarchici comunisti, che danno al termine « comunismo » un senso meno religioso, meno cristiano, affermano, al tempo stesso, di essere individualisti. Lo stesso Max Stirner, uno dei più lucidi sostenitori della filosofia individualista, prefigura nel suo memorabile testo L’unico e la sua proprietà (1844) l’ « associazione degli egoisti ». La cosa più convincente consiste, alla fine, nell'approfondire il tema, dopo di che, ci si rende conto che, dato il carattere dell’individualismo, questa concezione non esige affatto, nella pratica, l’isolamento fisico o economico degli individui e quindi non si oppone al loro associarsi.
La gran parte delle opinioni e delle convinzioni della « maggioranza compatta » sono basate su definizioni di questo tipo che, assumendo la dignità di un luogo comune, arrivano a formulare pregiudizi difficilmente sradicabili. Pregiudizi che l’ignoranza pretenziosa di certi « intellettuali », e anche l’interesse di certi altri più consapevoli, trasmettono all’ignoranza umile delle persone che formano il gregge. Anche gli intellettuale, in quanto esseri umani, sono sottoposti alle leggi di natura. Ora, secondo l’ordine naturale, il forte è destinato ad assorbire il debole. È così che alcuni intellettuali possono apparire come dei mezzi sapientoni agli autodidatti appassionati della verità. Ma quello che questi ultimi sono arrivati ad apprendere e ad afferrare, i mezzi sapientoni di cui qui si parla non lo ignorano affatto. La differenza è che costoro tali cose non le diranno mai perché hanno interesse, ciascuno a suo modo, che lo stato corrente di cose, da cui provengono i loro privilegi borghesi, continui all’infinito. E dal momento che questa situazione si perpetua grazie alla scienza monca servita alle masse o, per meglio dire, grazie alle menzogne, essi tacciono o fanno apparire solo delle verità incomplete.
Osservate nelle società attuali la differenza di educazione tra i proletari e i privilegiati. Scoprirete là tutto il segreto del metodo. Un uomo del popolo, che ha avuto solo un insegnamento elementare, ignora, come conviene ai fautori dello stato di cose presente, ciò che è realmente l’individualismo e, soprattutto, su cosa esso si fondi. Quindi non si ispirerà mai ad esso come linea guida per la propria esistenza. Egli è destinato ad essere succube dei più forti, la qual cosa fa comodo alla perfezione allo Stato, o piuttosto a coloro che potrebbero dire a ragione: « lo Stato siamo noi ». Invece, una persona che appartiene alla “élite”, formata dall’insegnamento secondario o superiore, possiede l’idea esatta di cosa è l’individualismo e delle sue basi scientifiche. Tale idea rappresenta per lui la verità, ma la verità che egli cela e tiene per sé. Ecco il combattente per eccellenza! Egli può prevalere: dispone di armi mentre gli altri sono disarmati. E questo dato di fatto lo terrà presente in tutte le occasioni, per far avanzare al meglio i suoi interessi; e riprodurrà, nei confronti del gregge, i comportamenti fuorvianti dei suoi predecessori. Non è bene dire tutta la verità…
Dell’individualismo che è, per sua natura, libertario, egli ne farà una filosofia bastarda e ambivalente (attività autonoma nelle alte sfere, fatalismo passivo alla base della società), giustificando tutti i misfatti della classe dirigente. Da qui la distinzione, relativamente corretta, che si è costretti a fare tra l’individualismo libertario e l’individualismo borghese o autoritario. Ma, in definitiva, non vi è che un solo individualismo, che è essenzialmente libertario, profondamente anarchico.
L’individualismo libertario, quello reale, rafforza i deboli dando loro degli strumenti, non perché poi, una volta divenuti forti, opprimano a loro volta gli individui che sono più deboli di loro, ma affinché non si lascino più assorbire sotto il controllo dei più forti. Al contrario, il preteso individualismo borghese o autoritario si preoccupa unicamente di legittimare, attraverso artificiosi sofismi e una falsa interpretazione delle leggi di natura, le azioni violente e l’inganno trionfante.
Lamarck, Malthus, Darwin e i loro successori non immaginavano mai che un giorno le loro scoperte, da cui trae origine direttamente la filosofia individualista, avrebbero potuto servire a un bisogno così meschino; eppure era ineluttabile che i forti si accaparrassero le loro idee, fin dall’inizio, per piegarle al proprio vantaggio, come hanno fatto per tutte le cose. Ma ogni verità racchiude in sé il germe di un bene futuro, nel senso che la ricchezza della loro opera e gli effetti che ne derivano tendono poi a realizzarsi. Al giorno d’oggi, l’essere umano proveniente dal popolo si istruisce, da solo o in gruppo; si familiarizza con l’analisi, il ragionamento e la critica; si preoccupa di conoscere la propria natura, i moventi dell’azione umana, i meccanismi e le forze che sono all’opera per opprimere i deboli, le leggi naturali e le realtà sociali. Il gregge si individualizza. L’individuo tende a realizzarsi come essere unico e autonomo.
Ciò che avviene è che egli si convince progressivamente di queste verità primordiali:
Il sapere è forza.
L’accettare passivamente una credenza è debolezza.
La libera associazione degli individui
Abbiamo visto che l'individualismo si oppone nettamente all'associazione obbligatoria imposta al giorno d'oggi dallo Stato e che imporrà anche lo Stato del futuro. Però accetta, che dico, fa propriamente sua, l'associazione liberamente contratta tra individui. All'associazione coatta contrappone l'associazione libera. L'individualista non vuole affatto essere servo dell'associazione considerata come un fine ultimo, non vuole sacrificare una qualche parte della sua individualità per l'interesse illusorio dell'associazione, secondo i principi del socialismo autoritario. Ma vuole che l'associazione gli sia utile, in quanto considera l'individuo come un fine. Egli vuole impiegare l'associazione secondo il proprio interesse reale. Questo è il principio individualista e libertario. In sostanza, l'associazione è per lui un mezzo di vita e non lo scopo della sua vita.
Con il socialismo, Religione della Società (socialismo capitalista al giorno d'oggi, espressione cinica dell'egoismo oppressore del borghese attuale, del borghese possidente – o socialismo collettivista di domani, espressione velata dello stesso egoismo oppressore dei nuovi borghesi, i rappresentanti trasformati in dirigenti), l'individuo viene sacrificato nel nome di un preteso interesse generale o collettivo del tutto illusorio. Quello che invece prevale con la forza è l'interesse dei possidenti o dei dirigenti, dei padroni, delle persone forti, in una parola, dei potenti.
Spetta allora all'individuo rendersi forte e potente come costoro; e gli basterà averne la volontà attiva per diventarlo. A quel punto diventerà padrone di sé e, inoltre, con la generalizzazione di una tale condizione di padronanza di sé, l'armonia si svilupperà automaticamente nella società.
Sotto il regime socialista (capitalista o collettivista) preconizzato dai sacerdoti dell'idea religiosa di Società, la prosperità dell'associazione è lo scopo di vita dell'individuo e l'esistenza dell'individuo diventa lo strumento dell'associazione. Gli sfruttatori approfittatori si celano nel retroscena.
Con l'individualismo libertario, il singolo, sgombrato il terreno da credenze illusorie, non deve più immolarsi all'associazione poiché la sua partecipazione avviene sulla base della sua libera volontà e nella misura dei suoi bisogni. La prosperità della sua vita è lo scopo del suo associarsi. E l'associarsi diventa il mezzo per conseguire tale prosperità. Gli sfruttatori approfittatori scompaiono.
Il sacrificio dell'individuo al fantasma della Società si ottiene attraverso uno di quegli inganni che necessitano l'esistenza, presso la vittima, di una assoluta ingenuità. Consiste nel presentare come fatto positivo la “subordinazione dell'interesse particolare all'interesse generale.”
L'interesse generale – che altro non è che una astrazione – non dovrebbe mai essere in discordanza con gli interessi degli individui, di cui dovrebbe essere, in un mondo ben organizzato, l'esatta espressione. Ma se così fosse, non sarebbe necessario invocarlo. L'interesse generale è quindi una menzogna; infatti non esistono che interessi individuali. Eppure, ammettiamo per un istante la sua esistenza. Vi è attualmente una notevole differenza tra il preteso interesse generale invocato per ottenere il sacrificio dell'individuo e l'interesse di quest'ultimo. La prova di ciò consiste nel fatto che i moralisti insegnano alle persone a “volgere lo sguardo più in alto della loro minuscola persona” e affermano apertamente che il “bravo cittadino deve subordinare il suo interesse personale all'interesse generale” (vale a dire all'interesse della Società, della Patria, ecc.). Ma guardate bene che cosa dissimula questo preteso “interesse generale”: gli interessi particolari dei padroni, dei loro compari e degli altri servitori consorziati nello Stato. Lo Stato non è altro che una ridicola setta in cui si celebrano i riti della “ragione collettiva”. Lo Stato è una “banda di malfattori”.
Ogni volta che il vostro interesse personale non concorda con l'interesse generale, come presentato da qualcuno e al quale qualcuno vuole sacrificarvi, andate a rintracciare per bene chi sono i parassiti che approfittano di questa presunta discordanza. Tradotta la cosa in denaro contante, andate a vedere quanto entra nelle loro casse....
Per finire, inutile insistere su quello che nessuno intende negare: che l'essere umano è un animale socievole per natura, non solo per un bisogno morale e affettivo, ma anche fisico, economico e intellettuale. È inutile ripetere quello che ciascuno sa bene: che l'associazione moltiplica le opportunità di godimento degli individui, riducendone al tempo stesso le pene.
Sia per interesse riflesso che per tendenza istintiva, l'associazione si presenta dunque all'individuo come un mezzo per vivere una esistenza più completa e più elevata.
La saggezza individuale non porterà mai il singolo a ripudiare il principio di associazione con il pretesto che, fino ad oggi, tale principio è stato snaturato, ma al contrario lo inciterà a organizzare la sua associazione in modo tale che essa sia davvero una cosa sua e che egli non possa essere sacrificato, in nome dell'associazione, all'interesse altrui.