The Pioneer Health Centre

L'emergere dell'ordine spontaneo

(1938)

 


 

Nota

Questo è un estratto da Biologi in cerca di materiale, un rapporto preliminare sul lavoro del Pioneer Health Centre di Peckam, Londra. L'interesse di questo rapporto consiste, tra l'altro, nel presentare un nuovo paradigma riguardante l'assistenza sanitaria basato sulla distinzione tra disagio (disease) e disordine (disorder). L'intero rapporto è disponibile su Internet e la sua lettura è altamente raccomandabile.

 


 

Il nostro problema è "l'uomo della strada". È l'individuo senza spinta personale; è il tipo diffidente e mite. Poiché sembra mancare di iniziativa, è lasciato alle proprie risorse, e sembra che non ne abbia affatto. Farlo entrare in una qualche organizzazione è abbastanza difficile; far sì che vi rimanga a lungo è un ulteriore problema. Ma poiché questo tipo di persona costituisce la maggior parte del pubblico, vale la pena studiarlo, perché da lui dipende il successo di qualsiasi struttura sociale.

Il primo approccio provvisorio per incoraggiare i membri del Centro ad agire era basato sul presupposto assai comune che alla gente comune piace emulare i migliori; che l’esibizione di un alto grado di abilità, di relativa perfezione, avrebbe stimolato la facoltà imitativa e portato altri a compiere azioni similari. Questo metodo di approccio è risultato infruttuoso; il presupposto su cui si basava non è stato confermato dalla sperimentazione.

In primo luogo, gli individui sono coscienti solo delle proprie capacità e agiscono di conseguenza. Possono ammirare, possono anche essere invidiosi degli standard elevati di altre persone, ma tali comportamenti non rappresentano nemmeno degli stimoli per dar prova delle proprie capacità. L'abilità al di là della propria capacità tende a spaventare, a inibire piuttosto che a stimolare l'emulazione. L’"insegnante" come figura avente un certo status tende inevitabilmente a minare la fiducia in sé stessi.

I nostri fallimenti durante i primi diciotto mesi di attività ci hanno insegnato qualcosa di molto significativo. Gli individui, dai neonati agli anziani, si risentono o non mostrano alcun interesse per tutto ciò che inizialmente viene loro presentato attraverso la disciplina, la regolamentazione o l'istruzione dall’alto, che è un altro aspetto dell'autorità imposta. (Anche la stessa "idea del Centro" ha una certa sfumatura di autorità esterna e questo contribuisce al nostro lento reclutamento di partecipanti).

Adesso noi procediamo fornendo semplicemente un ambiente ricco di strumenti per l'azione, cioè dando la possibilità di fare le cose. Lentamente ma inesorabilmente queste possibilità vengono colte e utilizzate come opportunità per lo sviluppo delle capacità intrinseche. Gli strumenti d'azione hanno una caratteristica comune: devono parlare alle persone in maniera diretta. La voce imperativa del venditore o dell'insegnante spaventa i potenziali utenti.

Come si riflette questo fatto sull'organizzazione e sull'opportunità di osservazione sperimentale nei riguardi della componente umana?

Avendo dato ai membri la possibilità di fare delle cose, ci accorgiamo che dobbiamo lasciare che siano loro a farne l'uso che vogliono. Abbiamo dovuto imparare a sederci e aspettare che queste attività emergessero. Qualsiasi impazienza da parte nostra, tradotta in un intervento di aiuto, ha soffocato i loro sforzi. Abbiamo dovuto coltivare sempre più la pazienza in noi stessi. L'alternativa a questa coltivazione della pazienza è, naturalmente, ovvia: l'applicazione della coercizione in una delle sue molteplici forme, la più allettante delle quali è forse la persuasione. Ma avendo un interesse di base per la fonte e l'origine dell'azione spontanea - come tutti i biologi dovrebbero avere - abbiamo dovuto scartare anche questo strumento per promuovere le attività. Pure la tentazione, la forma più gentile di costrizione, non funziona perché gli esseri umani, anche i bambini, riconoscono le carote per quello che, in definitiva, esse sono. Noi siamo progrediti quanto meno oltre lo stato di asini!

Noi non stiamo suggerendo che l’attività in comune, l’associarsi in gruppi, i regolamenti, il sistema, la disciplina, l'autorità e l'istruzione siano cose indesiderabili, ma non siamo nemmeno d'accordo con quelli che pensano che ci sia qualcosa di sbagliato in coloro che rifiutano queste cose; non siamo missionari che tentano di convertire le persone a cose desiderabili, ma scienziati che cercano di far emergere la verità dall’analisi dei fatti.

Il processo civilizzatore finora ha mirato a orientare tutta la società attraverso un "sistema" imposto, derivato da una qualche forma di autorità esterna, come la religione, l'educazione "culturale" o la persuasione politica. Il biologo concepisce un ordine che emana dall'organismo che vive in equilibrio nel suo ambiente. La nostra necessità, quindi, è quella di assicurare il libero flusso di forze nell'ambiente in modo che l'ordine inerente alla componente umana che stiamo osservando possa emergere. Il nostro interesse è in quell'equilibrio di forze che sostiene naturalmente e spontaneamente le forme di vita che stiamo studiando.

Il Centro è la prima stazione sperimentale di biologia umana. Le persone che vi operano si pongono la domanda: “Quali circostanze sosterranno gli esseri umani nella loro capacità di funzionare pienamente (cioè, in buona salute); e quale orientamento daranno tali entità che funzionano in maniera ottimale al vivere umano (cioè, alla società)?”

È chiaro quindi che qualsiasi indagine sulla natura della salute nell'organismo, che è il fulcro del nostro esperimento, richiede innanzitutto uno studio dei metodi, liberi da costrizioni, per raccogliere del materiale umano e preservarlo per un'osservazione continua.

Richiede anche uno studio critico delle condizioni e dei controlli che sono una parte fondamentale della sperimentazione scientifica. I valori delle variabili devono essere conosciuti, altrimenti le conclusioni rimarranno questioni di opinione. Trattare con la materia o la forma, come fa il chimico, con il movimento o la forza come fa il fisico, o con organi isolati come fanno i fisiologi, permette di utilizzare una tecnica abbastanza semplice volta a condizionare e controllare qualsiasi esperimento. Il biologo che studia l'organismo umano deve avere a che fare con agenti liberi. Inoltre, la libertà di tali agenti è altamente suscettibile di limitazioni. Questo fatto rappresenta una difficoltà apparentemente insolubile, poiché queste limitazioni provengono da altri agenti liberi e in particolare dall'osservatore. Si può applicare il metodo scientifico dell'esperimento allo studio dell'organismo umano? È possibile tenere in debito conto la partecipazione dell'osservatore e del libero agente nell'esperimento?

Come ha osservato uno dei nostri colleghi, sembra che una sorta di anarchia sia la prima condizione necessaria in qualsiasi esperimento di biologia umana applicata. Questa condizione è anche quella a cui i nostri membri rispondono più facilmente.

Allo scienziato che deve accettare questa condizione per il suo esperimento, la domanda sarà: cos'è che rende possibile l'anarchia come condizione di partenza? Questo non fa altro che spostare la domanda dall'individuo sotto osservazione come agente libero all'individuo-più-il-suo-ambiente-autogenerato come agente libero.

Nel Centro i visitatori pongono di frequente questa domanda: "È la personalità di un qualche individuo che fa parte del personale o il personale nel suo complesso che dà a questa anarchia una sorta di ordine desiderabile? O è la cosiddetta "atmosfera" del Centro, che di nuovo può essere un composto della personalità dei membri dello staff e degli stessi individui partecipanti? O ancora, è qualche condizione soggettiva più basilare inerente agli organismi umani (per esempio l'altruismo o la sua antitesi l'egoismo) che crea questo ordine autonomo e di cui la cosiddetta atmosfera non è che il segno oggettivo?

Chiaramente queste sono domande molto pertinenti, le cui risposte devono venire dall'indagine diretta e dall'esperimento. Perché questa apparente anarchia richiesta dai nostri membri è il funzionamento di qualcosa insito nel materiale, cioè nei partecipanti stessi, qualcosa degno di analisi.

Inoltre, qualsiasi azione o attività imposta si trasforma in uno studio dell’autorità, della disciplina o dell’istruzione e non nello studio di agenti liberi, attivi nel loro ambiente autogenerato.

La passività-attiva dell'osservatore non è facile da conseguire senza la messa in atto essenziale della disciplina da parte dello scienziato di laboratorio che permette ai fatti di parlare direttamente da soli. Nella biologia umana i fatti sono azioni che complicano seriamente il problema ma non lo pongono al di fuori della possibilità di soluzione.

Le necessità biologiche della situazione ci obbligano allora a lasciare i membri a sé stessi, a far sì che avviino in maniera autonoma le loro proprie attività, che costruiscano il loro proprio ordine di cose. Non abbiamo regole, regolamenti o qualsiasi altra restrizione d'azione, tranne un calendario molto fluido. Dopo diciotto mesi di attività l'apparente caos e disordine iniziale si sta rapidamente trasformando in qualcosa di molto diverso. Questo è evidente anche ai nostri visitatori, uno dei quali, prima della fine della visita, descrisse la vita nel Centro paragonandola a un ruscello a cui è stato permesso di formare il suo letto e le sue sponde secondo la configurazione naturale del terreno.

Così sembrerebbe che una coerente "anarchia", se possiamo usare questo termine, permetterà l'emergere dell'ordine attraverso l'azione spontanea, e fornire in tal modo al biologo un campo di osservazione.

Preservare l'anarchia mentre emerge l'ordine è più difficile, perché l'ordine tende a degenerare per abitudine in un sistema rigido.

C'è un'altra difficoltà che sorge in relazione al mantenimento della spontaneità, questa volta proveniente dall'interno dell'individuo stesso. Egli tende a fissarsi in abitudini dovute all'età. I bambini sono inclini a cogliere le opportunità, gli adulti, forzati dall'abitudine, sono più portati a rifiutarle. Che debba necessariamente essere così non possiamo ancora dirlo, in quanto in seguito vedremo che con l'avanzare dell'età il disordine e la malattia diventano sfortunatamente prevalenti. La limitazione del libero agire è un rimedio compensativo naturale a cui ricorrono inevitabilmente i malati. Finché non ci sarà l'opportunità di prevenire l'insorgenza della malattia nell'invecchiamento, non possiamo sapere se la limitazione attiva appartenga o meno all'invecchiamento o alla malattia o a entrambi. Tutto ciò che già sappiamo è che la spontaneità nell'azione ritorna con grande rapidità in un bambino che è guarito da un disturbo, ma con molta più difficoltà, se mai ritorna, in una persona anziana.

L’andare oltre e affermare che ogni nuova limitazione riscontrata dell’agire rappresenta un segno di malattia è qualcosa ancora da determinare in maniera sicura, ma tutta la nostra esperienza punta fortemente a questa conclusione. Nel corso della nostra attuale ricerca, il rilevamento di queste limitazioni all'azione non ha mancato di farci scoprire nell'individuo qualche disordine nascosto. Lo stesso è generalmente vero per la limitazione all’agire dell'organismo familiare: c'è una malattia o un disordine sottostante. Si è tentati a ipotizzare che questo processo potrebbe essere vero anche per le società e le nazioni.

 


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