Nota
Una chiarificazione sulle falsità attribuite agli anarchici riguardo alla loro ricerca di una libertà “assoluta” e di una “libertà” di sfruttare che nulla hanno a che vedere con il pensiero e la pratica degli anarchici.
Fonte: Umanità Nova, 24 novembre 1920.
Noi ci vantiamo di essere soprattutto ed innanzi tutto propugnatori di libertà: libertà non per noi soli, ma per tutti; libertà non solo per quello che a noi sembra la verità, ma anche per quello che può essere o parere l’errore.
Sappiamo la prima obbiezione che tentano di farci i nostri avversari, i quali poi vogliono anche essi una specie di libertà, che essendo limitata alle loro persone, al loro partito ed alle loro idee si traduce in arbitrio e tirannia a danno degli altri.
«Voi», ci dicono, «vi fate della libertà una specie di divinità: voi reclamate la libertà assoluta, che è cosa impossibile ed assurda».
Abbiamo più volte risposto a questa falsa interpretazione delle nostre idee, ma naturalmente senza ottenere che ci sentano quei sordi... che non vogliono sentire.
Non c’è niente di assoluto nelle nostre concezioni, poiché siamo profondamente convinti della relatività di tutte le cose almeno per quanto gli uomini possano concepirle.
Noi non reclamiamo una libertà astratta, metafisica, che rompendo i vincoli che legano l’uomo alla natura ed alla società negherebbe ed annullerebbe l’umanità.
Noi reclamiamo semplicemente quella che si potrebbe chiamare la libertà sociale, cioè l’uguale libertà per tutti, un’uguaglianza di condizioni tale che permetta a tutti di fare il proprio volere col solo limite imposto dalle ineluttabili necessità naturali e dalla uguale libertà degli altri.
«Ma voi volete dunque anche la libertà per la borghesia, voi nella vostra mania di libertà volete ostacolare il proletariato nella sua lotta per l’emancipazione», dicono spesso e volentieri i comunisti che ricevono il verbo dal governo di Mosca.
L’affermazione sarebbe semplicemente stupida se non fosse volutamente maligna, se non tendesse, come evidentemente tende, a metterci in cattiva luce innanzi al proletariato, che essi comunisti vorrebbero governare domani a loro beneplacito senza l’incomodo di quei rompiscatole degli anarchici.
Tutti troverebbero ridicolo il pensare che, essendo noi partigiani della libertà, vorremmo che ciascuno avesse la libertà di uccidere i suoi simili. Solo i comunisti trovano serio il dire che noi vorremmo rispettata la libertà dei borghesi di sfruttare il lavoro altrui, che è poi un modo attenuato di uccidere gli altri.
La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio volere, ma il potere di farlo; quindi suppone in ciascuno i mezzi di poter vivere ed agire senza sottoporsi alla volontà altrui.
E siccome per vivere è prima condizione il produrre, presupposto necessario della libertà è la libera disposizione per tutti del suolo, delle materie prime e degli strumenti di lavoro.
Ciò che costituisce l’essenza della borghesia è l’accaparramento dei mezzi di produzione e di scambio, che la mette in grado di sfruttare l’opera dei lavoratori ed ordinare tutto il processo produttivo e distributivo in vista del proprio profitto, tenendo nel minor conto possibile l’interesse dei produttori e dei consumatori.
Fino a quando questo accaparramento sussisterà non vi sarà libertà per la grande massa dei proletari che debbono mendicare presso i borghesi i mezzi per vivere. E qualunque cambiamento di regime politico riuscirà impotente, anche supposta la buona volontà dei governanti, a garantire ai proletari la libertà e la giustizia.
È chiaro dunque che nostro scopo precipuo è quello di espropriare la borghesia e naturalmente di abbattere il governo che sta a sua difesa.
Ma la borghesia resisterà, difenderà i suoi privilegi con tutto l’accanimento possibile. D’accordo; e perciò noi l’attaccheremo, la combatteremo con la massima energia e non avremo posa fino a quando non l’avremo ridotta all’impotenza, cioè fino a quando non l’avremo distrutta come classe, levandole i mezzi di sfruttare il lavoro altrui, ed assorbito tutti i borghesi nella massa lavoratrice con diritti uguali a quelli di tutti gli altri.
La differenza tra noi ed i comunisti di fronte alla borghesia sta in questo.
Essi vogliono combatterla e debellarla con mezzi di polizia, organizzando un nuovo governo, una dittatura, la quale, oltre il sopprimere ogni libertà di pensiero e di azione per coloro che non godono la protezione dei dittatori, non riuscirebbe a distruggere la classe borghese se non creando una nuova classe privilegiata che cominciando con l’essere classe burocratica saprebbe presto trasformarsi in nuova classe capitalistica.
Noi vogliamo combattere ed abbattere la borghesia con mezzi rivoluzionari, con l’azione diretta della massa proletaria che prende possesso dei mezzi di produzione.
Chi sa i borghesi quale metodo apprezzerebbero di più!
Un’altra osservazione.
Noi siamo avversari decisi, irreduttibili del regime borghese.
Ma non bisogna dimenticare che la storia passata ha conosciuto regimi peggiori di quello borghese, e che se non si sta attenti regimi peggiori potrebbero vedersi anche nell’avvenire.
Se al regime borghese dovesse sostituirsi un governo di fanatici che volessero darci qualche cosa che ricorderebbe il comunismo dei gesuiti del Paraguay, noi non diventeremmo per questo amici del regime decaduto, ah no, ma combatteremmo con uguale decisione il regime vecchio e nuovo.